QUARANTOTTO


Di Giorgio Manganelli



Dal momento in cui si è accorto che è impossibile non essere al centro del mondo, e che questo vale tanto per lui, quanto per ogni essere umano, o animale, o sasso, o alga, o batterio, egli ha dovuto accettare che due sole soluzioni sono date, a descrizione del comportamento da tenere in quella situazione. O il centro del mondo è attivo, ed allora il mondo, dotato e arricchito da infiniti centri, sarà infinitamente attivo; oppure dovrà essere assediato dalla totalità del mondo; più esattamente essere il bersaglio del mondo. Attualmente, egli esperimenta la seconda condizione; egli sa di essere psicologicamente sferico, e di essere al centro di un gran numero di raggi che, stranamente, si concentrano su di lui, e lo trafiggono con le loro punte di luce. Egli avverte, nelle cavità deserte dello spazio, tendersi senza mani un arco di impossibile durezza, e scoccarne una freccia che lo raggiungerà in occasione del suo sessantesimo compleanno. Tenta di spostarsi, di fluttuare, ma sa che ogni movimento del suo corpo sferico lo offre alle mire di altre costellazioni, astri nascosti ad astri, nuvole ed animali. Tuttavia, più di qualsiasi stella o nebbia, lo atterrisce la mira che su di lui tengono continuamente il niente ed il silenzio. Egli non sa dove sia il niente, e sospetta sarebbe bersaglio di una trafittura interna, una trafittura tale che la sua sfera non potrebbe reggere, sebbene non sappia quel che significa questa conclusione; quanto al silenzio, esso è dato, questo lo ha ben capito, dalla soppressione di tutte le voci che potrebbero rivolgersi a lui in modo definitivo, trafiggendolo, questo è orribile, senza alcuna arma. In qualsiasi punto vi sia silenzio, lì è nascosta una voce; e quella voce lo pensa, lo esamina, lo scruta. Se il nulla e il silenzio si alleano, si passano informazioni con cenni che egli non può cogliere, che accadrà di lui? Oh, egli non teme l’asta scoccata del centauro il giorno della sua nascita, e che ora lo raggiunge: non si difende dalla affaticata lancia che attraversa il mondo per volontà di ferirlo; ma questo lo turba, di non poter più distinguere tra se stesso dolore, vanificazione, morte, e se stesso centro del mondo.
 Giorgio Manganelli (1922-1990), Quarantotto, 1979

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